AUGURI A... Eraldo Pecci, piede grosso e cervello fino
Di lui si dice avesse il 46 di piede, cervello fino e tecnica di prim'ordine. Si dice anche che giocò appena 6 partite in nazionale per il suo carattere, giocoso ma diretto, canzonatorio ma sfrontato. Si dice ancora che fu il più acerrimo nemico di Socrates del quale non sopportava l'indolenza ed il ruolo, vagamente simile al suo. Si dice infine che Eraldo Pecci fosse una delle rare menti pensanti del calcio, e che per questo lo stesso mondo del calcio lo abbia emarginato. Eraldo Pecci, di professione regista, nasce il 12 aprile 1955 a San Giovanni in Marignano (Rimimi) e compie oggi 56 anni. Muove i primi passi nel Bologna raccogliendo l'eredità di Giacomo Bulgarelli, per ruolo, per carattere, per la spiccata personalità. Nel 1975 passa al Torino dove vince lo scudetto a soli 21 anni, mettendo in mostra una maturità degna di un veterano. Sono gli anni della rivalità Torino-Juventus, gli anni nei quali la nazionale di Enzo Bearzot annovera nove rappresntati del derby della Mole più gli "stranieri" Antognoni e Paolo Rossi. Nel 1981 il trasferimento a Firenze in compagnia dell'amico "Ciccio" Graziani dove resterà fino alla stagione 84-85, collezionando 138 presenze impreziosite da 15 reti. Eraldo Pecci era il classico regista che giocava su una mattonella e da lì organizzava la manovra di tutta la squadra. Complessivamente lento ma velocissimo di pensiero, ha sempre compensato una corporatura non certo da atleta con un'invidiabile rapidità d'esecuzione. Il suo motto era... "Chi deve correre è il pallone, perchè il pallone non suda e non si stanca mentre io sì...". In virtù di questo riusciva a vedere il gioco un attimo prima dell'avversario e anticiparne le mosse. Allo stesso tempo possedeva un buon tiro da fuori area, il passaggio d'esterno che sopperiva ad un piede sinistro non eccelso, geometrie superiori alla media che ne facevano il perno centrale delle squadre nelle quali ha militato. Nel "toro" di Gigi Radice componeva un centrocampo eterogeneo con Patrizio Sala mediano e Zaccarelli rifinitore. Nella Fiorentina di "picchio" De Sisti giostrava con Casagrande prima ed Oriali poi nel ruolo di incontristi, e con Antognoni trequartista, fino al gravissimo infortunio del febbraio 84' che tolse di mezzo il "capitano" viola. Nella stagione 84-85 dal Brasile arrivò il titolatissimo Socrates con il quale Pecci non ebbe mai buoni rapporti, fino a lasciare la squadra viola al termine della stagione. Un anno a Napoli con il primo Maradona, e poi il rientro alla casa madre Bologna dove terminò la carriera nel 1989.
Della sua permanenza in riva all'Arno, oltre alla simpatia e l'affabilità del personaggio, ricordiamo tre gol tra i più significativi: il primo con la maglia viola fu realizzato (ironia della sorte) proprio a Bologna, il 13 dicembre 1981. Fu un gol bellissimo ed amaro al tempo stesso: correva il 1° minuto di gioco, Pecci si avventa su un pallone vagante al limite dell'area e con un esterno destro azzecca il "sette" alla destra del portiere felsineo Zinetti. Pochi minuti dopo, in tribuna stampa, si accascia al suolo Piero Pasini, storico commentatore di 90° minuto e vecchio cuore rossoblù. Si racconta che il buon Piero non resse al dolore di quel gol che metteva in ginocchio un Bologna destinato alla retrocessione. Il secondo fu realizzato appena 20 giorni dopo, contro l'Inter, in un 4-2 del 3 gennaio 1982. E' una rete manifesto del carattere, della furbizia, della sfrontatezza di Eraldo Pecci. A farne le spese il terzo portiere dell'Inter, tale Pizzetti, che aveva preso il posto pochi secondi prima dell'infortunato Cipollini, a sua volta sostituto di Ivano Bordon. E' il 65', punizione al limite dell'area per la Fiorentina, l'incauto Pizzetti sistema la barriera senza aver chiesto la distanza ed il lestissimo Pecci calcia a rete sorprendendo l'ingenuo portiere. Proteste (inutili) a non finire e 4-2 definitivo per i viola. La terza rete che vogliamo ricordare è datata 16 settembre 1984, prima giornata del campionato '84-'85. Si gioca Lazio-Fiorentina e al 71' Eraldo sferra un tiro di sinistro (il suo piede sbagliato) da fuori area che si insacca all'angolino alto per l'1-0 finale. Ancora oggi, se glielo chiedi, Eraldo non sa spiegarsi quella prodezza. Insomma, Eraldo Pecci... più intelligenza o furbizia? Simpatia o sfrontatezza? Campione o solo buon giocatore? Di tutto un pò. Certo è che nel calcio di oggi, un personaggio simile manca...e non sapete quanto.