YES, WE KEAN: PALLADINO COME SOUSA E IL TRAP. L'INVERNO COME SCOGLIO DA SUPERARE
A Firenze, in questo momento, si respira un'aria leggera. Quella delle stagioni speciali, quella del 'non succede, ma se succede...', che poi non succede mai, o quasi mai. Le ultime due volte, in ordine di tempo, in cui è quasi successo, risalgono alla stagione 2015/16 e, prima ancora, a quella 1998/99. Anche allora in panchina c'erano due alla prima esperienza in viola, Giovanni Trapattoni prima, Paulo Sousa poi. E anche allora, ai primi di novembre, si erano accesi i sogni reconditi del popolo viola.
Uno dei grandi segreti di questa Fiorentina che punta alla Champions e, sotto sotto, spera nell'indicibile, è Raffaele Palladino. Che, per attitudine, percorso e curriculum, non è né uno né l'altro. Ma che come i suoi predecessori, alla prima annata a Firenze si trova sospeso in un sogno troppo bello anche per poterlo dire. Sia la Fiorentina di Trapattoni che quella di Sousa volavano alto, altissimo, spinte dai gol dei loro attaccanti principi (prima c'era Batistuta, poi Kalinic, ora Kean). Le similitudini sono poche: a fine anni novanta la Serie A era tutt'altra cosa e anche il peso specifico della Fiorentina di Cecchi Gori era ben più ingombrante; nel novembre 2015 invece la Viola sorprese tutti con un mix di gioventù e colpi di mercato, sfruttando anche una condizione generale, quella dei competitors come Milan, Inter, Lazio e Roma, di ricambio e crisi economica (qui il confronto). Questa Fiorentina si inserisce in una Serie A più livellata, senza un padrone, in una tonnara con sei squadre in due punti, dalla prima all'ottava posizione.Il minimo comun denominatore è la rivoluzione portata dall'uomo al comando: Trapattoni impose austerità e rigore a un gruppo già rodato e ricco di stelle, Sousa portò il suo calcio basculante, reintroducendo la difesa a tre; Palladino è arrivato portato dalla ventata di cambiamento post-finale di Atene e dietro il drastico cambiamento della rosa in estate c'è soprattutto la sua visione, per non parlare della scelta di andare all-in con Moise Kean.
Se succede, dicevamo: le due Fiorentine 'underdog' si sgonfiarono in prossimità di capodanno, poco dopo, nel freddo dell'inverno. L'iceberg che colpi la Viola del Trap, che chiuse quel campionato al terzo posto, dietro Milan e Lazio, fu l'infortunio di Batistuta e la successiva e famigerata partenza di Edmundo per il carnevale di Rio (qui la sua storia), mentre Paulo Sousa fu lasciato a piedi da un mercato di gennaio a cui chiedeva risposte a domande che furono ignorate che generarono nel portoghese un sentimento di rassegnazione e fatalismo - era il periodo in cui la sua caustica quanto celebre dichiarazione fatta qualche mese prima "Dobbiamo fare l'omelette con le uova che abbiamo" fu presa come sintomo di resa. I sogni d'autunno si spensero nel gelo invernale per la mancanza di alternative di quelle due rose. "Più in alto stai e più fa freddo, qui servono guanti e cappello" disse, per citare un'altra massima iconica, Giovanni Trapattoni quando la sua squadra veleggiava verso un illusorio titolo di campion d'inverno. Come a sottolineare che, per certe altezze di classifica, serve l'attrezzatura giusta. Chissà che invece stavolta invece la vettura costruita da Palladino non abbia montato i pneumatici da neve.