FIRENZE BALLA CON KEAN, IL NUOVO MITO. MA MOISE SUONA IN UNA GRANDE ORCHESTRA. UNA SQUADRA CHE RISCHIA POCHISSIMO IN DIFESA. IN A MAI PRESO GOL NEGLI ULTIMI 20 MINUTI. CAPOLISTA PER POCHE ORE... ADESSO SECONDA
E' la festa di tutta Firenze che è impazzita dopo il fischio finale col Verona. Non c'è bisogno di aggettivi per descrivere i volti dei tifosi. L'uscita dal Franchi è stata all'insegna di una sbornia di felicità. Sarà anche criticona questa città, ma sa anche aprire il cuore e darsi con generosità quando i successi arrivano. Sono 6 le vittorie consecutive in A, il record di 8 ci riporta al 1959/60. I risultati utili in fila sono 7 e i gol fatti in 17 partite sono 36 in tutte le competizioni. La voglia di vincere qualcosa è paradossalmente seconda alla voglia di godere tutti assieme. La gioia di una felicità di chi si ritrova in testa alla classifica, seppur per poche ore, dopo anni di mediocrità, tristezze, pozzi avvelenati. Ora la Fiorentina è seconda, in mezzo ad un gruppo scatenato. C'è democrazia sul cucuzzolo della montagna.
Firenze balla col suo nuovo mito, Kean. Un uragano sfuggito anche ai più noti meteorologi. Nessun colonnello dell'Aeronautica aveva previsto la forza di questo tsunami, abbattutosi sul povero Verona. Veneti spazzati via dalla forza di Moise, l'uomo venuto dal nulla o quasi. Un predestinato che aveva però prima rallentato e poi interrotto la sua corsa. Complimenti a Pradè e al suo socio: il coraggio. Ce ne voleva una dose copiosa nel tirare fuori 18 milioni più 5 anni di contratto - protetti da una clausola da 52 milioni di euro - per un giocatore le cui doti fisiche e calcistiche erano fuori discussioni, ma che negli ultimi 3 anni, sommando tutte le competizioni, aveva messo a referto le miseria di 13 gol. Esattamente 6 e uno in Coppa Italia nel 22/23. Quindi 5 in campionato e uno in Champions nel 21/22. Nel 23/24 nemmeno una rete...
Nel calcio, purtroppo, da sempre conta quello che si è fatto, non quello che si farà. Eppure Pradè, tornato al comando dopo anni di gregariato, ha puntato tutte le sue carte su questo ragazzone piemontese voglioso finalmente di dimostrare quanto valesse. Kean cercava una casa che gli desse la giusta accoglienza, l'ha trovata a Firenze. Fiducia ripagata, già con gli interessi: in A 8 gol in 12 gare e 3 centri in Europa. Totale 11 reti, alle quali possiamo sommare quella fatta in Nazionale. Chi era seduto nelle vicinanze di Spalletti in tribuna al Franchi giura che il ct avesse gli occhi lampeggianti mentre Kean fabbricava un gol più bello dell'altro. Con Retegui sarà una bella lotta, in bocca al lupo. Il ct gongola perché solo pochi mesi fa si diceva che l'Italia non avesse lo straccio di un centravanti. Il mondo cambia in fretta.
Kean al massimo in serie A aveva fatto 6 gol in una stagione (22/23 e 18/19) con la maglia della Juve. A Verona ne aveva firmati 4 (nel 17/18). L'unica annata degna di nota era stata quella in Ligue 1 (20/21) nel Paris Saint Germain con 13 reti, poi una in Coupe de France e 3 in Champions per un risultato di 17 gol generali. Adesso, come detto, in viola è già a 8 e Parigi è vicina per essere ampiamente superata. I numeri non mentono: un Kean così non lo hanno mai visto. Né a Torino, né altrove. La parentesi in Premier a Liverpool con la maglia dell'Everton e Ancelotti in panchina, fu un disastro con solo 2 reti segnate (in 29 partite). Il vero Kean è viola, non ci sono dubbi. Bomber implacabile, regista offensivo sublime. Usa il corpo come pochissimi, gli montano addosso, ma non lo fermano. E' in stato di grazia perché finalmente ha la fiducia di un ambiente intero tatuata sulla pelle.
Ma dietro a Kean c'è un'orchestra che suona uno spartito mandato a memoria. Palladino sta dimostrando di essere un grande direttore e speriamo che continui così. Nicosia è stata superata in scioltezza e derubricata ad un semplice incidente di percorso. Magari Palladino dovrà fare un ragionamento più ampio sulla rosa, ma ci sarà tempo. E' innegabile che ci siano giocatori in piena forma e altri meno sintonizzati sulla frequenza dell'allenatore. Il segreto principale sta nelle fondamenta di questa alta classifica: secondo la vecchia regola di Nereo Rocco servono un portiere che para e un centravanti che segna. Sembra l'acqua calda, eppure è così. De Gea e Kean sono due assegni circolari.
L'altra arma è l'organizzazione difensiva. In tempi non sospetti dicemmo che questa Fiorentina, giocando così, ne avrebbe perse poche. Per adesso in 12 turni solo una sconfitta, a Bergamo, contro l'Atalanta campione d'Europa. In 5 occasioni in A la Fiorentina non ha preso gol, un bel dato. Ma ce n'è uno che può rivelare il DNA del gruppo viola e che deve indurre ad una profonda riflessione: in campionato, fino ad ora, gli uomini di Palladino non hanno mai preso gol negli ultimi 20 minuti. Significa che non c'è soltanto un piano partita ben preparato, ma c'è anche una soglia di attenzione molto alta. La concentrazione resta massiccia proprio nel frangente in cui solitamente cala. I finali delle sfide registrano spesso gol figli delle distrazioni, dovute anche anche alla crescente stanchezza. La Fiorentina va invece in dolce controtendenza. E' un indicatore importantissimo che rivela la solidità difensiva dei viola. Il reparto è il terzo del campionato come gol subiti. In Italia chi prende poche reti va lontano. Basta guardare le formazioni che vincono gli scudetti. Firenze sogna, non svegliatela.