PALLADINO L'UOMO DEI NAZIONALI: DODO NELLA SELEÇÃO IL SUO CAPOLAVORO. IN EUROPA NESSUNO COME I VIOLA DA SETTEMBRE A OGGI. UN PLAUSO A BIRAGHI, LEADER SILENZIOSO

16.11.2024 00:00 di  Andrea Giannattasio  Twitter:    vedi letture
PALLADINO L'UOMO DEI NAZIONALI: DODO NELLA SELEÇÃO IL SUO CAPOLAVORO. IN EUROPA NESSUNO COME I VIOLA DA SETTEMBRE A OGGI. UN PLAUSO A BIRAGHI, LEADER SILENZIOSO

Ci è voluto sinceramente un po’ più del dovuto ma, alla fine, il ct del Brasile Dorival si è ricordato anche di “Domi”. La convocazione nella Seleção di Dodo rappresenta in modo inequivocabile un’ennesima medaglia che la Fiorentina può appuntarsi sul petto, un premio che tuttavia il club non può non condividere con Raffaele Palladino: da quando il tecnico siede sulla panchina viola, infatti, sono già quattro i giocatori che sono tornati a giocare (o sono stati chiamati per la prima volta) con le rispettive Nazionali: Moise Kean, che non indossava l’azzurro dal novembre 2023, Robin Gosens (che non riceveva una chiamata dalla Germania dall’ottobre dello stesso anno), Pietro Comuzzo (la rivelazione più bella di questo avvio di stagione del club di Commisso) e, appunto, il terzino ex Shakhtar che è forse il giocatore che più di tutti l’allenatore è riuscito a migliorare rispetto al rendimento delle scorse annate. I numeri per il difensore parlano chiaro e raccontano come, con un’eccezionale 79% di dribbling riusciti e una media di 4,93 a partita, Dodo sia al decimo posto in questo repertorio tra i giocatori dei cinque principali campionati europei (in Italia dietro solo a Tavares della Lazio e Kvaratskhelia del Napoli).

Ma che il lavoro fin qui portato avanti da Palladino (grazie anche al sapiente contributo in estate della squadra mercato capitanata da Daniele Pradè) sia stato eccellente non solo a livello italiano ma anche internazionale è confermato anche da altri dati: dalla prima sosta del campionato a settembre ad oggi nessuna squadra - sempre prendendo spunto dalle cinque più importanti leghe europee - ha fatto meglio dei viola, con 22 punti figli di sette vittorie, un pareggio e una sola sconfitta (il Barcellona, capolista della Liga, ha raccolto 21 punti nelle 9 gare giocate in campionato da metà settembre, il Real Madrid di Ancelotti 19 punti, l’Atletico 18 mentre, spostandosi in Premier, il Liverpool nelle otto partite giocate dopo la prima sosta ha raccolto 19 lunghezze). Ecco perché, forse, tante delle polemiche - o presunte tali - che si sono generate quando è stato confermato (ma perché tenerlo nascosto?) che la Fiorentina avrebbe avuto sette giorni di pausa dopo la vittoria sul Verona sono forse esagerate: solo il tecnico - che gestisce una squadra che «si allena da sola», cit. - può sapere quanto il suo gruppo ha davvero bisogno di riposare. A Como, tra otto giorni, avremo la riprova su chi aveva ragione.

Per allora, per la gara del Sinigaglia - dove è atteso un esodo della Curva Fiesole, pronta all’ennesimo sold-out in trasferta - potrebbe scaldare i motori anche Cristiano Biraghi, il leader silenzioso ma presente più che mai che, certamente, non sarà troppo contento della situazione che sta vivendo: per il capitano (perché, sia chiaro, ora in campo la fascia la indossa Ranieri ma tutti nello spogliatoio sanno chi resta, dopo il mister, la figura di riferimento) ad oggi 781’ messi insieme tra campionato e Conference laddove, un anno fa, dopo lo stesso numero di partite i minuti collezionati erano stati 873 ma con, in mezzo, quattro gare saltate per infortunio. Eppure guai a pensare che Biraghi abbia il mal di pancia o stia creando problemi per il momento non facile che sta vivendo: il terzino, come detto, resta ancora oggi un punto di riferimento - specie per i più giovani - dentro la squadra e anche in queste settimane il numero 3 non si è mai tirato indietro quando c’è stato da dare qualche consiglio. Per lui un plauso - e so benissimo di essere in minoranza, ma fa niente - è più che doveroso. Se poi a gennaio (ma è improbabile, ad oggi) le strade si separeranno, lo potrà dire solo il tempo.