PUÒ ESSERE L'ANNO DELLA RIVINCITA PER MOLTI, A COMINCIARE DA PRADÈ: DAI COMPROMESSI UNDERDOG, AI SASSOLINI NASCOSTI. COMMISSO TURBOLENTO NEI RAPPORTI, MA NON CON I DIRIGENTI. SE GUARDIAMO ALTRE PROPRIETÀ USA, STAVOLTA HA PREVALSO LA RAGIONE
Ora che è sull'orlo della saggezza, la Fiorentina guarda il burrone tattico ormai alle spalle e respira l'aria fresca di chi non considera stile e bellezza, ma si preoccupa solo di vincere. Che notevole passo in avanti per una squadra che sta schierando nove titolari nuovi su undici, record di restauro con l'edilizia acrobatica. Da come si era messa, una gigantesca evoluzione dal secondo tempo contro la Lazio in poi e un balcone con vista sulle rivincite personali.
Come non cominciare allora da Pradè, che per la prima volta negli ultimi 6 anni ha potuto intestarsi un mercato elettrico e rischioso, navigando peraltro contro il vento dello scetticismo con una barchetta spinta dalla vela Ambizione? Impresa temeraria e invece, daje, c'erano risorse rimaste in sonno. Dopo anni dimenticabili, abbiamo di nuovo intravisto la mano di chi cerca di alimentare un senso logico e compiuto.
Ora non vorremmo sembrare troppo comprensivi - figuriamoci celebrativi - con un dirigente che in passato ha attraversato compromessi e situazioni che in altri momenti giovanili non avrebbe probabilmente accettato, finendo in questo modo per appiattire la propria funzione in una zona poco soleggiata. A lungo più resiliente che determinante, Pradè è rimasto a covare nell'ombra beccandosi anche continue bordate di insulti dai tifosi ma si sa, nessuno lascia volentieri Firenze e allora meglio restare sottocoperta, chissà, magari un giorno il vento avrebbe cambiato direzione. E' successo nella stagione più difficile, una specie di Anno Zero dopo la rincorsa quasi-vincente di Italiano, ma purtroppo perdente e con troppi giocatori logorati e mentalmente a fine corsa. Dunque smazzata, o la va o la spacca.
Allenatore nuovo scelto principalmente perché era considerato uno dei migliori nella fase difensiva - ma che disastro le prime partite, anche da quel punto di vista - e poi un mercato creativo, denso, difficile, perfino saettante negli ultimi giorni. Tanto per non dimenticare: proprio agli sgoccioli sono arrivati Gosens, Cataldi, Bove e Pradè poi ha spinto tanto per rendere effettivo il rinnovamento anche in campo, fra i titolari, confrontandosi anche sul modulo, le opportunità, riprendendo la forza di spedire messaggi in pubblico ('In difesa possiamo giocare anche a 4', 'Per questa rosa sono stati investiti 70 milioni, più altri 50 per i riscatti'). Dal silenzio, all'operatività perfino mediatica.
Siamo sinceri: parecchie volte abbiamo apprezzato pochissimo l'atteggiamento underdog di un dirigente così esperto, per chi l'ha conosciuto in altri periodi l'orgoglio avrebbe potuto prevalere sulla scelta tattica di restare sottocoperta, ma quando si è riaperta la stiva è riemerso il mestiere di chi sa annodare le trattative e scegliere protagonisti funzionali per un'idea di gioco. Certo per recuperare valore - almeno ai nostri occhi - servirà una valutazione in tempi medi, se non lunghi. Se restiamo all'attualità, va detto che il calcio offre rivincite a targhe alterne e in questo caso Pradè ha saputo immatricolare di nuovo la sua vettura da direttore sportivo con la sorpresa di molti.
Può essere l'anno della rivincita anche per Commisso, che secondo una diffusa narrazione si porta dietro il mito di costruttore edile più che calcistico, ma insomma un proprietario deve avere lo sguardo più ampio e in certi momenti saper mantenere equilibrio. E allora anche in questo caso i fili del ricamo possono riformare una trama comprensibile, se il tema della conservazione dirigenziale diventa un merito di fronte alla compulsività padronale di altri. Pensiamo per esempio a come si è comportata un'altra proprietà americana a Roma, anche in termini di eleganza e rapporto con i suoi tesserati, da Mourinho e De Rossi, ma anche con la dirigenza tecnica, per comprendere ancora una volta come le smazzate in certi momenti abbiano principalmente il sapore del comando e non della ragionevolezza. Danni collaterali incalcolabili in un ambiente che generalmente non ha bisogno di frustate, ma di competenza e sapienza nei rapporti.
Nel suo turbolento percorso da proprietario viola, Commisso si è scontrato praticamente con tutti, ma per quanto riguarda l'ossatura interna ha deciso di puntare sulla continuità replicando quello che ha scelto di fare per la Mediacom, dove da molti anni si affida agli stessi manager fidati. Ora, non è che tutto in casa viola sia improvvisamente diventato seducente, ma come sempre sono i risultati sul campo a spostare il senso di chi ha ragione anche in altri comparti - brutta parola - aziendali. Nel club delle rivincite personali hanno preso la tessera anche alcuni giocatori, per esempio Kean, Bove, Cataldi, lo stesso Adli, tutti semi-scaricati dalle rispettive società. Un puzzle complicato, per costruirlo serviva una mano decisa e dopo alcuni anni anche coraggiosa.