"Horto Magiko": la storia dietro al coro e cosa vuol dire essere tifosi del Pana

"Horto Magiko": la storia dietro al coro e cosa vuol dire essere tifosi del Pana
Oggi alle 14:25Primo Piano
di Alessandro Di Nardo

C'è un sound che si è sparso a macchia d'olio in ogni curva del mondo - per intendersi a queste latitudini, è quello che fa da colonna sonora alla massima dantesca "che si vinca o che si perda". La melodia è iper-inflazionata, utilizzata ovunque ci siano assembramenti di tifo. Trattasi però di "cover": l'originale è datata 1968 e appartiene al Gate 13, la tifoseria organizzata del Panathinaikos. Gli ultras del trifoglio sono tra i più famosi e famigerati, spiccano per acustica, coreografie e anche per aspetti negativi, come scontri con forze di polizia e tifoserie avversarie. Il tifo greco ha più o meno la stessa nomea, è un elemento tanto esaltante quanto pericoloso. Per questo la trasferta in casa del Pana viene associata a questo clima e quindi a calore e un alto voltaggio di decibel e tensione. Ma è ancora così in un paese (la Grecia) e in una capitale (Atene) che è stata stravolta da una crisi iniziata a inizio 2000?

Il Pana è la squadra del centro di Atene. Pur avendo vinto meno campionati dell'Olympiacos (solo 20 contro 47) fino a poco tempo fa godeva di un gigantesco complesso di superiorità per via della finale di Coppa dei Campioni disputata (e persa) nel 1971 contro l'Ajax. Fino a maggio scorso era l'unica finale europea disputata da un club greco, poi…. Ma andiamo avanti. Per spiegare qualcosa sul tifo del Pana, su cosa vuol dire essere trifilli (trifogli) è impossibile non rifarsi subito alla rivalità con l'Olympiacos. Ad Atene ci sono tre colori, rosso (Olympiacos), verde (Pana) e giallo (Aek), ma sono soprattutto i primi due a confrontarsi (e scontrarsi) dalla notte dei tempi. Per questo Olympiacos-Panathinaikos è chiamato anche il derby degli eterni rivali.

Qui, nella culla della civiltà classica, sei chiamato a scegliere subito da che parte stare, a che colore appartenere e, di conseguenza, quale odiare. E' una contrapposizione totale, acuita dal fatto che quando parliamo di Panathinaikos e Olympiacos ci riferiamo a gigantesche polisportive, che si sfidano su campi di calcio, basket, pallavolo, pallanuoto. Ogni settimana (o quasi) è derby. E in questa realtà ci sono gli ultras e i tifosi più "comuni". Questi ultimi si stanno spostando più sul basket, sport in cui la Grecia ha raggiunto vette altissime - il Pana è campione di Eurolega in carica -. E così per il club di calcio è sempre più complicato riempire uno stadio gigantesco -70mila spettatori di capienza - costruito per le Olimpiadi del 2004 e che in tutta la sua desolazione - contro il Vikingur c'erano 7mila presenti - rappresenta al meglio il fallimento del sistema sportivo nazionale.  


In un paese così polarizzato, anche lo sport aumenta le differenze: le divisioni sociali partono da lontano, dalla dittatura dei generali, quando il Pana era la squadra di quelli che decidevano e l'Olympiacos era il club del popolo. Adesso è tutto ribaltato: quelli del porto hanno fatto i soldi, le armerie - il presidente dell'Olympiacos Evangelos Marinakis, è un magnate che possiede reti televisive e un altro club, il Nottingham Forest, partito da quel porto, dal Piero, ha costruito un impero come armatore tra navi cargo - mentre il centro è sempre più povero, l'Olympiacos ha una tifoseria che strizza l'occhio alla destra sovranista, mentre il Pana rappresenta la sinistra. Non c'è solo rivalità sul campo, anzi, spesso quello non si vede neanche. L'incrocio tra biancorossi e biancoverdi diventa l'epicentro per scontri che nascono soprattutto da una situazione sociopolitica altamente instabile e insoddisfacente, soprattutto per la generazione della troika, così vengono chiamati i ragazzi nati e cresciuti in un contesto di crisi economica che avvolge la Grecia da quasi vent'anni. Tanti di questi si ritrovano sotto un colore, un simbolo, un'illusione, una possibilità di evasione da un contesto precario, in cui un terzo della popolazione è al di sotto della soglia di povertà. Un rapporto che diventa dipendenza, come si canta nel coro "Horto Magiko" (erba magica in italiano), quel motivetto super-inflazionato di cui sopra. Il testo è tutto un programma:

"È un’erba magica
fammela assaggiare un po’
per sognare il mio Pana
e gridare fino a dio

Panatha mio, ti amo
come l’eroina, come una droga pesante
come l’hashish, come Lsd
".

Il Pana come una droga per fuggire dalla realtà, unirsi sotto un unico simbolo per sentire meno il dolore della vita quotidiana. E' un'erba magica, cantano i discendenti di Socrate e Platone. Il riferimento va (anche) a quel trifoglio che per quel popolo significa tutto.