Dodo e una serata da gigante a San Siro. Numeri alla Koundé e un obiettivo chiaro ripetuto a tutto lo spogliatoio

All'interno di una stagione in cui la "costanza" non sembra virtù per quasi nessuno, neanche per la Fiorentina, c'è un perno inscalfibile per il mondo viola. Ha i capelli platinati e il sorriso che sporge dalle labbra. Dodò si presenta così a tutti, anche nel post-partita ai microfoni di SkySport. Scherza, sorride, sembra non prendere nulla sul serio, come fosse uscito da un cartone animato. Fa però tutto questo poco dopo aver incendiato per novanta minuti la fascia destra di San Siro. Lui che è il più piccolo della rosa di Palladino, alla Scala del Calcio è parso un gigante: 166 centimetri di esplosività e corsa, un moto continuo che si è incrociato con altri due bolidi impazziti, Leao e Theo Hernandez. Con quest'ultimo c'è stato più di un testa a testa a suon di colpi di sole da cui però il brasiliano è uscito quasi sempre con la chioma più lucente. E poi un assist chirurgico per il momentaneo 2-0 di Moise Kean, il quinto in campionato - il terzo per il suo partner preferito, che starà già controllando SkyScanner alla ricerca di qualche volo economico per le Maldive, visto che mancano solo altri due suggerimenti vincenti e poi dovrà pagare al terzino una vacanza, come da scommessa -.
Dentro una gara piena zeppa di qualità e quantità, ci starebbe anche un golasso stile copa Cabana, piattone in buca d'angolo al volo su fendente di Nicolò Fagioli a pochi istanti dal 90', tutto vanificato dalla posizione di fuorigioco di partenza del pendolino di Taubaté. La bandierina alzata a spezzare i sogni di gloria e cancellare un gol cercato da mesi - sarebbe stato appena il secondo in Serie A alla 72esima presenza, l'ultimo rimane quello contro la Sampdoria nell'aprile 2023 - non ha comunque fatto evaporare il sorriso dalla faccia di Dodo. Che nel post-partita di SkySport si è presentato con la solita maschera da carnevale di Rio nonostante il "trauma" dell'ultimo minuto. Non ha parlato di obiettivi, ma l'aveva fatto qualche settimana fa, il primo a pronunciare la parola Champions davanti a un microfono. E c'è da giurare che quella parola faccia capolino spesso negli spogliatoi del Viola Park, soprattutto per merito suo.
Dodo è una molla, non solo in campo ma anche lì, negli allenamenti quotidiani, dove spinge tutti a dare il massimo verso un obiettivo che lui meglio di tanti altri, che un'annata importante in Champions l'ha vissuta con lo Shakthar, sogna. Ormai è diventato un insostituibile - più di 3000 minuti giocati in stagione, 2669 in Serie A, dove ha saltato solamente 121' -, un moto instancabile. E, con ogni probabilità, uno dei migliori laterali destri del campionato. Se ne sono accorti tutti adesso, a maggior ragione dopo la prova gigantesca di domenica. Se ne sono accorti anche in Spagna, col Barcellona alla finestra. Pronto per lui un compito da sostituto di quello che ad oggi è il migliore tra i pari ruolo, ovvero Jules Koundé, uno che ha saltato l'ultima partita un anno e mezzo fa e che in questo ha numeri simili al due in viola in quanto a stakanovismo. Dodo per adesso però non ci pensa: la sua dimensione è viola. Parla Fiorentino e respira Fiorentino, lui come suo figlio Filippo. Ormai è radicato in una città che lo ama e in un club in cui rappresenta un punto fermo, sul terreno di gioco e fuori. Il contratto è in scadenza al giugno 2027 ma Pradè e Goretti stanno già lavorando a un rinnovo che lo renderebbe una costante anche per i prossimi anni.
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