Mandragora, il gol più bello, l'orgoglio della vecchia guardia e quella carezza a Terracciano

Si porta sulle spalle ancora il peso di un gol sbagliato nella prima finale di Conference ma anche la forza di una vecchia guardia che di finali ne ha già giocate due e rivendica l'orgoglio "europeo" di chi non ci vuole provarci una terza volta e non ci sta ad uscire agli ottavi; e nel primo gol viola di ieri Rolando Mandragora ha espresso tutto questo. Un gol che ha regalato una bella soddisfazione a lui e alla Fiorentina visto che è stato eletto il più bello delle gare di ritorno degli ottavi: un sinistro dalla lunga distanza che non ha lasciato scampo a difesa e Dragowski ed ha spianato la strada ai suoi.
Continuità di impiego
Mandragora d'altronde è diventato uno specialista della competizione e in Europa ha saltato solo partita, con il San Gallo ad ottobre, quando lo ha fermato un problema al ginocchio. Questo era anche il terzo gol nella competizione, dopo i gol con il Lask e soprattutto quello provvidenziale con il Guimaraes. Piede educato per togliere le castagne dal fuoco e capacità di dare equilibrio a centrocampo, Palladino, che in accordo con la società si è liberato di quasi tutta la vecchia guardia, tiene invece molto in considerazione il giocatore campano, utilizzato con continuità grazie a caratteristiche che forse nella rosa non ci sono.
Numeri già da miglior stagione
A questo punto della stagione tra campionato e Coppe ha collezionato 1805 minuti con 4 gol (tre in Europa e un rigore con l'Inter a San Siro) e 3 assist. Per far capire quanto il giocatore stia vivendo un buon momento basti pensare che la stagione scorsa di gol ne ha segnati 5 e 4 assist, dati che sta per eguagliare insomma.
L'amico che tende la mano
Mandragora ieri è stato come l'amico che sa prenderti per mano in un momento di difficoltà, aiutando la Fiorentina a mettere la strada in discesa e iniziare quella rimonta mai scontata. Inoltre il centrocampista si è dimostrato uomo di valori, andando ad abbracciare il compagno Terracciano, rimasto in panchina dopo le incertezze dell'andata. Un gesto apprezzabile di chi sa quando dare una carezza e tendere la mano a chi ha dovuto lasciare la maglia da titolare anche nell'unica competizione che gli era rimasta, senza entrare nel merito delle scelte del tecnico, ma da amico vero.
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