LA NAZIONALE: È CAMBIATO TUTTO. ORA C'È LOGICA, ORA C'È SQUADRA. IL MERITO? DI SPALLETTI
Vogliamo cominciare con un paradosso: l’espulsione di Lorenzo Pellegrini nel finale del primo tempo ha fatto ancora più grande l’Italia. Stavamo controllando, e a tratti dominando, la partita col Belgio, che era più leggero di noi a metà campo (dove pesava l’assenza di De Bruyne) e soprattutto sugli esterni, dove sembrava perfino ridicola la marcatura di Doku (un attaccante puro) su Dimarco che gli scappava ad ogni volta ripartenza, come è capitato in occasione dei due gol. Due a zero per l’Italia prima dell’espulsione di Pellegrini che nel suo stadio ormai prende fischi (dai suoi stessi tifosi) e rossi (dagli arbitri).
Da quel momento è venuta fuori un’altra partita, di feroce sofferenza per noi, una partita in cui l’Italia è diventata un blocco unico, ha difeso in nove più Donnarumma e ha chiuso quasi tutti i varchi. Il Belgio ha pareggiato sullo sviluppo di un calcio d’angolo perché in area c’era un giocatore libero, il giocatore in più. Ma su azione li abbiamo sempre fermati. E’ uscita fuori l’anima della Nazionale, quell’anima che chissà dov’era volata via agli Europei. Prima il gioco, poi il carattere, prima la tecnica, poi la carica agonistica. Insomma, l’Italia in 10 a noi è piaciuta, per modi diversi, quanto quella in 11. Ha dimostrato cosa significa essere squadra.
La domanda è perché solo adesso e non a giugno, quando siamo diventati lo zimbello di mezza Europa, suonati dalla Spagna ed eliminati dalla Svizzera. Forse la risposta sta dentro la testa di quei ragazzi e del loro ct. Spalletti ha smesso di parlare di “scocca”, di “calcio liquido”, di “calcio relazionale”, di “mezzi spazi” e ha ripreso in mano l’abbecedario del calcio italiano, si attacca e ci si difende, perché il nostro calcio è questo. Altri pensano che esista solo l’attacco, lo pensino pure ma non è così.
La Nazionale è passata dal 4-3-3 dell’Europeo al 3-6-1 della Nations League. Così abbiamo battuto, con pieno merito, gli spocchiosi francesi e gli israeliani, così stavamo per battere il Belgio e chiudere il girone d’andata a punteggio pieno. Così abbiamo giocato bene o benino, e ovviamente abbiamo spesso attaccato, siamo rimasti sempre dentro la partita, con le idee chiare, con la testa lucida, con le gambe che rispondevano alle chiamate.
Vale la pena ricordare la formazione eliminata dalla Svizzera. Quattro difensori, Di Lorenzo, Mancini, Bastoni e Darmian, tre centrocampisti, Cristante, Fagioli e Barella, tre attaccanti, Chiesa, Scamacca ed El Shaarawy che a fine primo tempo lasciò il posto a Zaccagni, altro attaccante. Confrontiamola con l’ultima, quella che ha battuto la Francia e pareggiato (in dieci) col Belgio: tre difensori, Di Lorenzo, Bastoni e Calafiori, sei centrocampisti, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco più Pellegrini, un attaccante, Retegui. Non c’è paragone, non c’è un punto di contatto nella costruzione delle due squadre, anche se alcuni protagonisti sono rimasti gli stessi.
Spalletti ha lavorato rinnovando, certo, ringiovanendo pure, ma soprattutto sfruttando la logica, una materia astratta che era completamente mancata nell’Europeo in Germania. Non è il caso di eccitarsi troppo, è solo la Nations League, per le nazionali può valere quanto la Conference League per i club, è la terza coppa in ordine di importanza, ma a differenza della Conference qui ci sono anche tutte le migliori europee (Inghilterra compresa che ha perso nel tempi di Wembley contro la Grecia) e non è un torneo tanto leggero sul piano tecnico.
Una cosa è certa, abbiamo trovato la strada giusta. Inutile star qui a piangere sull’Europeo, oggi questa Nazionale può garantirci un futuro più rassicurante, meno tenebroso rispetto a quando siamo stati eliminati il 29 giugno scorso a Berlino. Il merito va soprattutto a Luciano Spalletti, uscito dalla peggiore estate della sua vita e di nuovo in sella alla Nazionale.