VOLEVO ESSERE ANTOGNONI...
Messa così potrebbe essere il titolo di un film. Walter Mazzarri in... "Volevo essere Antognoni". Protagonista lui, l'attuale allenatore dell'Inter. Quando? Forse in un'altra vita, di certo nei sogni di bambino. Da San Vincenzo a Firenze, con un carico di sogni e di ambizioni. Ma anche tanta presunzione, mista ad arroganza. Fateci caso, Mazzarri reagisce sempre male, in modo scostante. Come quando gli chiedono della sua carriera da calciatore: Mazzarri tradisce una smorfia di disappunto, quasi di fastidio. Come dire... lasciatemi perdere, non mi avete capito. Io volevo essere Antognoni, potevo essere Antognoni, ma non mi avete voluto. Non me lo avete permesso. Colpe da parte sua? Nessuna... ovviamente.
Mazzarri e la Fiorentina, una storia di amore-odio (più odio che amore), durata 2 anni. Dal 1979 al 1981, quando Walter era indiscutibilmente il numero 10 della "primavera" di Nenè. Il problema più grande? Il carattere, la simpatia. Walter Mazzarri non era simpatico nemmeno da giovane, o almeno non appariva tale. E ricordo personalmente quando nella "primavera" della Fiorentina faceva di tutto per somigliare a Giancarlo Antognoni. Stessa corsa, stessa andatura, stessa capigliatura, rigorosamente lo stesso numero 10. Walter Mazzarri non ha mai giocato in serie A con la Fiorentina, proprio perchè in quel ruolo c'era Giancarlo Antognoni. Doveva essere il nuovo Antognoni, gli chiedevano di essere il nuovo Antognoni, ma... di Antognoni ce n'è stato sempre e solo uno. Si era all'inizio degli anni '80 (Mazzarri è del '61) ed il "capitano" viola viveva il miglior momento della sua carriera: di lì a poco sarebbe diventato campione del mondo. Come poteva un imberbe ragazzino che veniva da San Vincenzo prendergli il posto? Walter allora se ne andò mestamente, anche se gli è rimasto dentro quel risentimento tipico di chi ha fallito, di chi non si è sentito apprezzato. Ancor meno amato, bruciato dentro dall'orgoglio che hanno quelli della sua terra. Walter Mazzarri è un livornese e come tale è "cattivo", spigoloso, Walter Mazzarri non ha dimenticato lo sgarbo che la Fiorentina gli ha fatto. Da calciatore poi, ha pagato il carattere non facile: Pescara, Cagliari (4 presenze in serie A), Modena, poi l'Empoli di Gaetano Salvemini. La Fiorentina l'ha incrociata solo una volta, per sei miseri minuti, il 30 novembre 1986: finì 1-0 per gli azzurri con gol dello svedese Ekstroem, una via di mezzo tra Sandy Marton ed il cantante degli Europe. Nell'88 la discesa in C1 a Licata, fino alla Torres (1995) e le fatidiche "scarpette al chiodo".
Meglio, molto meglio da allenatore, dove per assurdo quel carattere tignoso gli ha fatto gioco. Bene come secondo di Ulivieri a Bologna e Napoli, così così ad Acireale e Pistoia, ancora bene a Livorno dove conquista una storica serie A. Benissimo a Reggio Calabria con la sublimazione del terzo anno (il 2007) e quella salvezza ottenuta recuperando 15 punti (poi ridotti ad 11), "regalino" di calciopoli. Poi il biennio di Genova, sponda Samp, quindi l'approdo a Napoli, il binomio con De Laurentiis, la Champions League... Storia di oggi, storia di tutti. E poi l'Inter. Lo vuole personalmente Moratti per superare il trauma Stramaccioni. Peccato che, ad oggi, la sua Inter abbia 5 punti in meno di quella di "Strama". E peccato che non ci sia più Moratti, bensì un signore che (ancora non si è capito) se c'è o ci fa. Sopratutto se Mazzarri sia gradito a Thoir o meno. Comunque... Un tempo Mazzarri era denominato "Un antipatico di successo", oggi deve lottare con la matricola Verona per un quinto posto che vuol dire Europa League. Altro che Champions, altro che "triplete". Quella è roba da Mourinho. Però non glielo dite, sennò dopo Antognoni vorrà diventare anche lo "special one". Anzi... lo "special two".