LA MAGLIA VIOLA, La prima Fiorentina di Prandelli e la Champions League

DJ Carlo Carletto Nicoletti ci presenta e ci racconta aneddoti, curiosità e particolari inediti sulle maglie della Fiorentina
29.01.2025 00:00 di  Redazione FV   vedi letture
LA MAGLIA VIOLA, La prima Fiorentina di Prandelli e la Champions League
© foto di pietro.lazzerini

Ci sono 3 stagioni, nella storia recente della Fiorentina, che potremmo definire come quelle della svolta. La prima di Prandelli 2005/2006, la prima di Montella 2012/2013 e la prima di Italiano 2021/2022. Della svolta perchè venivamo da stagioni un po’ così e così per usare un eufemismo.

Oggi parliamo della stagione 2005/2006 e per farlo ho chiamato Dario Dainelli che, oltre ad essere un amico e anche quello che io definirei un vero e proprio uomo spogliatoio, ma non solo, perchè Dario, di quella squadra, in quelle 5 bellissime stagioni con Prandelli in panchina, era anche il capitano.

Alla base delle chiacchierate con Dario ci sono sempre le risate, si perché quando comincia a raccontarti gli aneddoti sulla carriera fa davvero morire dalle risate, per darvi un’idea ricordo ancora quando ad un evento mi raccontò della sua esperienza, da giovanissimo aggregato della primavera, in prima squadra nel Brescia di Baggio e Mazzone: prima di una partita gli capitò come compagno di stanza un certo Pep Guardiola. La scena è la seguente: camera con due letti paralleli, Guardiola disteso che sta raccontando qualcosa a Dainelli che ascolta attentamente seduto in fondo a letto come uno scolaretto, porta aperta della camera, entra Mazzone che assistendo alla scena esclama: “Ah Dainè che hai vinto la settimana cor campione?”. Ogni volta che ripenso a questo racconto non riesco a smettere di ridere. E di aneddoti così Dario ne ha a bizzeffe, come quando Lupatelli, che arrivava sempre per primo agli allenamenti, “disegnò” la scena del delitto all’interno dello spogliatoio con lo scotch per fare le fasciature.

Ma la cosa che più mi ha colpito della chiacchierata con Dario è stata questa frase: “Vedi noi eravamo davvero un bel gruppo, noi ci divertivamo insieme e questa cosa permetteva ai nuovi di integrarsi immediatamente, come quando arrivò Zauri, ex capitano della Lazio: noi eravamo un po’ prevenuti, pensavamo stesse arrivando uno con la puzza sotto il naso e invece dopo pochi giorni ad un cena ci disse che non voleva più andare via il tutto suggellato da un “VI AMO GiA’” e giù tutti a ridere.”

Quello era un gruppo composto in gran parte da italiani: Gamberini, Montolivo, Toni, Gilardino, Natali, Comotto, Pazzini, Gobbi, Donadel, lo stesso Dainelli, in porta Seba Frey, davanti Mutu, Santana, Jorgensen, che per  il suo ordine e la sua precisone era stato nominato il cassiere per la riscossione delle multe ( a tal proposito tra gli aneddoti da ricordare anche gli ostacoli che venivano messi lungo il percorso per accedere allo spogliatoio, al tempo all’interno dello stadio, per quei giocatori che erano soliti arrivare all’ultimo momento), questa era l’ossatura principale e poi nel corso degli anni venivano e andavano vari giocatori, ma alla base “un gruppo buono e forte che poteva far fronte a tutto”.

E così infatti sono andate le cose, se non fosse stato per calciopoli, avremmo disputato la Champions League per 4 anni di fila.

Come arrivasti alla Fiorentina?
“Sono stato a tutti gli effetti il primo acquisto del ritorno in Serie A nel 2004/2005. Il Direttore Generale era Lucchesi che avevo avuto a Empoli, stavo facendo bene a Brescia e la Fiorentina in B stava faticando un po’, ma eravamo rimasti d’accordo che se fosse salita in Serie A mi avrebbero comprato. Per me era la realizzazione di un sogno, pensa come ho esultato al goal di Fantini nello spareggio con il Perugia…”

Poi però lo scontro, per una società giovanissima, con la realtà della Serie A:
“Il primo anno c’erano grandi problemi proprio a livello organizzativo, pensa che in ritiro eravamo 50 giocatori che appartenevano ancora alla squadra che aveva giocato la Serie C2, poi a gennaio cominciarono ad arrivare giocatori come Pazzini, Bojinov, Donadel e ormai sapevamo che a giugno sarebbe arrivato Corvino, e proprio con il suo arrivo e quello di Prandelli cambiò tutto.”

Tra serate memorabili come quella di Champions con il Liverpool “ma non a Liverpool, a Firenze, ricordo la sera prima dovevamo allenarci allo stadio, ma in Champions c’è la regola che prima si allenano gli ospiti e poi la squadra di casa, quindi noi rimanemmo a bordo campo ad assistere al loro allenamento, mi ricordo ancora i commenti dei miei compagni, “guarda come calcia bene Gerrard, guarda che stile Torres”, sembravamo più fan che avversari e ad ogni commento giù a ridere”, dicevamo serate memorabili tra Champions, vittorie all’ultimo minuto con la Juve a Torino o la rovesciata sempre a Torino di Osvaldo per il raggiungimento della qualificazione con due anni di ritardo, passano 5 anni e arriva una proposta irrinunciabile del Genoa:
“In verità io non sarei mai andato via, ma, pensa come sono fatto, sono andato via per educazione, ti spiego meglio: arriva una proposta dal Genoa, io ci scherzo su con il resto della squadra, poi un giorno mi chiamano Corvino e il mio procuratore e mi dicono per quale cifra sarei potuto andare via, io sparai alto, ma nemmeno più di tanto, qualche giorno dopo viene a Firenze Preziosi accontentando quella mia richiesta, mi credi che per una forma di educazione mi sembrava brutto dire che non ci sarei andato e così, capendo anche che forse stava finendo un ciclo (a fine stagione se ne andrà anche Prandelli), decido di accettare l’offerta del Genoa e così andai via a metà stagione con la Fiorentina già eliminata dalla Champions per quella decisione scellerata di Ovrebo sul fuorigioco non fischiato con il Bayern Monaco”.

Dario sei un collezionista di maglie?
“In verità no, ho conservato solo una maglia per stagione delle mie e ho scambiato la maglia solo con gli amici, ecco quelle mi faceva piacere averle. Ricordo che fino a qualche anno fa non avevo la maglietta dell’esordio in Serie A con il Lecce perchè a fine partita venne Montella a chiedermi di scambiarla, era la Roma post scudetto e, a parte la sorpresa nel vedermi quella richiesta, la scambiai perchè mi sembrava brutto dire di no a Montella. Anni dopo arrivo a Firenze, il fisioterapista, mio omonimo, mi dice che aveva la mia maglietta del Lecce perchè l’aveva chiesta espressamente a Montella, barattandola con la maglia della Fiorentina di quell’anno, sono tornato in possesso della mia maglia dell’esordio”.
Il gruppo e l’unione alla base dei successi di quelle stagioni iniziate nella stagione 2005/2006 con la maglietta che come sponsor tecnico era passata dagli anni della B e del primo in A di Adidas a Lotto che rimarrà come sponsor tecnico per ben 7 anni.

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