Palladino sempre sotto accusa, la società non gli farà più sconti. La sincerità di Pongracic rispecchia il pensiero dei più forti. Da 6 anni la curva incita sempre, ma su quella frase di Commisso occorre riflettere
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Giudizi sempre più duri e condivisi sul conto di Raffaele Palladino, al punto che il problema ormai non è quello di difenderlo oppure attaccarlo. Il problema è capire se l’allenatore riuscirà a valorizzare un mercato di gennaio ricco di qualità _ e anche di ambizione aggiungerebbe Pradè _ perché la spremuta cinica dello stare compatti e ripartire ha funzionato soprattutto grazie alle prodezze di Kean e De Gea. Senza quelle rischia di diventare la festa senza coriandoli del 'difenditi e accoltella', mentre oggi ci sarebbero le condizioni per studiare qualcosa di meno elementare grazie ai rinforzi di gennaio. Un po’ di gioco, per esempio? Qualcosa che assomigli a un automatismo in uscita e sulla trequarti, una mezza trama in costruzione e non solo le maglie strette in copertura, una ricerca di varchi conquistati senza il telepass della rimessa lunga.
Perché le scelte contro il Como, che per quasi un’ora ha banchettato in superiorità numerica contro lo spaesato centrocampo viola, hanno riproposto il solito equivoco di un 4-2-3-1 adattato attraverso rotazioni difensive il cui funzionamento sembra ignoto anche agli stessi protagonisti. Folorunsho e Beltran adattati esterni alti e cercati attraverso i lancioni di De Gea o di chi per lui, Mandragora e Cataldi in sistematica difficoltà perché il Como aveva sempre un giocatore in più, Fagioli trequartista per quasi un’ora dietro a un centravanti che non c’era (che a scriverlo ancora oggi non ci si crede). In più Colpani che entra per fare anche lui l’esterno e perde la palla che porta al 2-0 del Como. Ovviamente meglio quando Fagioli è tornato a fare il play, perché è lì che deve stare, sebbene l’assenza di Kean, la sostituzione di Zaniolo (perché?) e il tramonto offensivo di Beltran avessero inaridito l'attacco. E poi Gud malinconico e nuovamente out: su questo bisognerebbe aprire un documentato capitolo a parte e prima o poi lo faremo.
Gira tutto male per Palladino, il quale però con una certa testardaggine sembra voler indossare i panni di chi vuol essere criticato. Ma come, a gennaio vengono ceduti tutti gli esterni alti di ruolo e lui ne confeziona altri che non spingono e parzialmente coprono perché pensano (male) anche alla fase offensiva? E il centrocampo _ che ora è il reparto più forte _ continua a soffrire in inferiorità numerica? Le parole di Pongracic alla fine della partita e l’ennesima frecciatina di Pradè fanno capire che nei paraggi dello spogliatoio non c’è proprio quella serenità consapevole del gruppo che dovrebbe lottare compatto per puntare alla Champions mentre le altre corrono, eccome se corrono… Insomma, il repertorio dovrebbe ampliarsi e il sospetto è che la frase di Pongracic (‘Per noi va meglio essere sfavoriti e giocare in contropiede, soffriamo se dobbiamo fare la partita’) rispecchi il pensiero dei migliori giocatori, compresi magari quelli che sono arrivati da poco e si aspettavano un impatto diverso. Gira una battuta: la squadra ideale di Palladino è stata quella dell’emergenza pura contro l’Inter, quando per assenza di alternative ha avuto la possibilità di riempire la squadra di difensori (6) imbroccando una partita con la cerniera lampo con Kean che in ripartenza la buttava dentro solo a guardarla. Ora che c’è più scelta bisognerebbe pescare anche negli altri reparti e non solo in difesa.
Certo per Palladino una stagione così ne vale almeno quindici a Monza, dove il Cav l'aveva estratto dalle giovanili e ci si poteva appoggiare al ghigno seducente di Galliani, detto modestamente il Condor, un signore con 27 trofei in bacheca. E poi in Brianza pochi tifosi, poche polemiche, perfino Colpani scintillava con modeste pressioni e in un ruolo più accentrato. Qui a Firenze invece che tempesta di opinioni e critiche, a parte la curva Fiesole che incita sempre con un fragoroso aiuto sentimentale che dura ormai da sei anni, con rare, rarissime eccezioni. Molti pensano che la vera impresa di Commisso, dopo la costruzione del faraonico Viola Park, sia stata quella di ottenere così a lungo l’appoggio incondizionato di una delle tifoserie in passato più esigenti della serie A. Dal 2019 una dimostrazione di affetto senza precedenti nella storia di un glorioso club che si avvia a compiere 100 anni.
Eppure anche lo stesso Commisso si è lasciato sfuggire qualche settimana fa una frase che ha incuriosito perfino una persona equilibrata come Cesare Prandelli, il quale intervenendo su Radio Firenze Viola ha dato un suggerimento all’allenatore della Fiorentina: ‘Fossi in lui, cercherei di capire bene a chi si riferiva Commisso quando ha rivelato che qualcuno lo voleva mandare via’. In effetti una frase interpretabile e _ nonostante i sorrisi plastici e di plastica _ è concreto il dubbio che il livello del mercato di gennaio abbia alzato tantissimo le aspettative di chi ha condotto le operazioni (e di conseguenza, di chi lo ha autorizzato in società). Chi vuole capire capisca, altrimenti proseguiamo con il 4-2-3-1 sperando che Kean riemerso dalla squalifica segni a Verona, che da parte sua ha già incassato 54 reti, così le acque si calmeranno. Almeno per un po’.
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