PROF. MARIANI, Infortuni? Pesa la stanchezza mentale

08.10.2024 11:31 di  Redazione FV  Twitter:    vedi letture
PROF. MARIANI, Infortuni? Pesa la stanchezza mentale
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Pausa nazionali, tempo di bilanci per quanto riguarda quello che abbiamo visto nel primo mese e mezzo di stagione. Tra i protagonisti di questo avvio di annata in Europa ci sono gli infortuni pesanti capitati ad alcuni top-player: Bremer, Rodri, Ter Stegen. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati Carvajal e Duvan Zapata. Sono già tanti i calciatori ad aver finito, con otto mesi di anticipo, la stagione. Per parlare di questa tematica Il Messaggero ha chiamato in causa Paolo Mariani, storico chirurgo ortopedico della clinica Villa Stuart, che ha risposto così sul presunto allarme infortuni: "Se consideriamo che si effettuano più partite rispetto al passato l’incidenza degli infortuni non può non essere aumentata. Bisogna studiare i dati degli ultimi anni e parametri li con i calendari attuali. Diminuire gli impegni? Il calcio fa parte del circo mediatico e credo che questa macchina non si possa fermare, bisognerebbe chiederlo alla Fifa e all’Uefa”.

Spalletti ha parlato di problema mentale e non di sovraccarico di impegni.
“In questa fase del campionato non può avere influenza la fatica fisica, ma per impegni ravvicinati la fatica mentale può avere una grande importanza. Il calcio è uno sport di contatto ed un trauma per un’entrata scomposta l’avversario non si può evitare”

Che processi sta facendo la medicina per diminuire i tempi di recupero?
“Nel 98% dei casi un calciatore non ha un trauma chirurgico, ma un problema che si può risolvere con la medicina conservativa: fisioterapia e infiltrazioni. In questo ambito c’è una varietà di tecniche all’avanguardia, ognuno con la propria soluzione. Ma nella realtà il corpo umano è l’unica macchina al mondo che si autoripara, quindi in tempi più o meno rapidi il calciatore torna a giocare. Solo in una piccola percentuale abbiamo un’incidenza di traumi che necessitano di un intervento chirurgico. Un atleta infortunato rimane sempre un atleta e la rieducazione deve essere a misura dell’atleta. Questa è la mia filosofia. Tanto che tutti i calciatori operati da me al crociato anteriore dopo tre mesi tornano in area tecnica per cominciare il percorso che li riporti a giocare. C’è chi ci mette quattro mesi chi sei, ma l’area sanitaria finisce a tre mesi. Questo lo faccio dal primo importante intervento su Aldair, che tornò a giocare dopo quattro mesi. Gli ho dato la gioia di vincere il Mondiale nel 1994”.