SACRO E PROFANO ATTO II di Marco Conterio

Di Marco Conterio per Firenzeviola.it
07.04.2010 00:00 di  Marco Conterio   vedi letture
SACRO E PROFANO ATTO II di Marco Conterio

"Il mio futuro è nelle mani di Dio", Juan Manuel Vargas dixit. Ricorda qualcosa? Basta andare un po' indietro con la memoria, a quelle fotografie che ritraggono Felipe Melo in maglia viola, tanto bastone e poca carota, con le mani verso il cielo. Amici milanesi mi dissero subito "sembra Kakà". Non calcisticamente, chiaro, l'uno è una spada, l'altro il più delicato e delizioso dei fioretti. Però la storia era simile, con richiami ultraterreni, tra alto dei cieli e dio denaro sempre chiamati in causa. Le novelle poi si conclusero con due benedizioni parallele, l'uno verso il paradiso madridista, l'altro verso l'inferno bianconero. L'addio di Melo fu accompagnato da una pioggia di milioni e da un altrettanto copiosa grandinata di 25 milioni di mugugni. L'epilogo, che poco ci interessa ma molto ci soddisfa, è quello di un Melo che tra un Ferrara ed uno Zaccheroni ancora non ha trovato il Caronte giusto per uscire dal girone dei fischiati.

Vargas, dicevo. Guardiamoci negli occhi: autofinanziamento, per dirsela in soldoni (pochi), è una politica che passerà gioco forza da addii pesanti. Quanto? I vecchi saggi dicono che la qualità di una squadra si misuri dalla colonna vertebrale: portiere, difensore, volante, trequartista, attaccante. Gli arti sono accessori, sempre che non si chiamino Messi e Cristiano Ronaldo, Robben o Ribery. Lì allora il braccio diventa la mente, la colonna cambia asse e buonanotte a dogmi e paradigmi. Nelle squadre di medio-alta gittata, però, pare che la formula funzioni davvero. E allora, in politica di autofinanziamento (parentesi: annunciata mesi e mesi or sono ma chiarita tout court solo poche settimane fa) chi conviene lasciar partire per lidi più danarosi?



Vargas, appunto. Ma non per le qualità del ragazzo. Che corre come un treno, ma che a differenza dei binari nostrani arriva sempre su quello giusto all'ora giusta, che crossa come un cecchino e spara da fuori come un tiratore scelto. Averne di esterni così, anche se poi mi chiedo dove e come possa trovare spazio in un Real, giusto per dirne una non a caso, dove l'avanti meno offensivo ha palmares realizzativi degni dei migliori punteri. Ma se parte un esterno si può cambiare schema di gioco, trovare soluzioni e sovrapposizioni alternative (aspetto a gloria Ljajic, ci farà divertire); se l'addio è di Montolivo, allora le braccia girano a vuoto, senza una mente che le diriga e le instradi, appunto, sui binari giusti. Gilardino poi, per il quale le sirene juventine (no, Alberto, in bianconero no) suonano ancora. Puoi crossare quanto vuoi, ma se le zuccate vanno a vuoto, se i tempi in area non sono quelli giusti, servono a poco.

"Nelle mani di Dio" sembra l'attacco di un pezzo già letto, l'inizio di un film già visto. Per tanti motivi, però, autofinanziamento in primis, perdite meno dolorose in secondo luogo, il finale potrebbe e dovrebbe essere lo stesso. La Fiorentina che si rialza, che riparte, che rinasce e che si reinventa. Nelle mani di Prandelli e Corvino.