QUEL GRUPPO DI RAGAZZI INTORNO A EDOARDO PER PROTEGGERLO. PUDORE SUL CAMPO E POCO RISPETTO PER LE IMMAGINI IN RETE. UNO CHOC SUPERATO GRAZIE AI SOCCORSI RAPIDI. IL CALCIO RIFLETTA
Un giovane atleta cammina lentamente e cade, si affloscia, da eroe moderno ritorna un ragazzo normale. Sul campo anche i compagni di gioco e gli avversari diventano ragazzi come gli altri, chiedono l’intervento dei medici, si sbracciano, in molti si disperano, poi si uniscono e fanno mucchio, creano un cerchio intorno al loro sfortunato collega. Lo proteggono in quel momento drammatico dalle immagini che sicuramente i telefonini stanno cercando di rubare e infatti - nonostante la cintura umana - i filmati finiscono in rete. Nel frattempo la Tv ha la buona creanza di non passare replay, né frugare in mezzo ai soccorsi, ma è inutile: la legge degli smartphone sta già colpendo, è una sentenza senza possibilità di appello, pochi minuti e su social girano già le immagini con le espressioni, le smorfie, la paura ingrandita con gli screenshot.
E’ purtroppo una storia come tante altre, le persone automaticamente filmano per documentare e condividere senza fare distinzioni di opportunità e metodo. Tutti asettici e implacabili nell'atto di partecipazione a distanza. La lezione questa volta è arrivata dal calcio che in serie A è il mondo dei super eroi, ma anche loro hanno mostrato pudore perché c’è un limite allo stare in vetrina, sempre giudicati e sezionati. Un po' di rispetto, almeno nel dolore. Quando un atleta famoso mostra debolezze umane, anche i giocatori tornano istantaneamente alle origini, perdono i lustrini e recuperano umanità.
La storia di Edoardo sembra avviata verso un finale augurabile, ma non possiamo dimenticare come ancora una volta sui campi da gioco abbia fatto irruzione lo choc del contatto fra mondi opposti, quello dei giovani atleti super controllati e la salute che improvvisamente mostra il conto con uno schiaffo proprio lì, dove girano i campioni e i soldi. Niente di più distante nella nostra immaginazione di spettatori, eppure succede per motivi e cause che ancora la medicina non è in grado di prevenire. I soccorsi per Bove sono stati tempestivi e professionali, poco a che vedere con il sistema di protezione presente in tanti campi di periferia: in attesa degli accertamenti diagnostici per scoprire con esattezza le cause del malore di Bove, siamo convinti che la velocità dell'intervento abbia fatto la differenza.
Su questo dovrà riflettere il calcio, perché l'intensità generale è aumentata e anche lo stress per il numero cresciuto delle partite può incidere su quei magnifici congegni che sono i corpi sempre più strutturati dei calciatori. Certo tutto o molto ormai è legato ai soldi, agli incassi, alla vendita dei biglietti e dei diritti televisivi: dobbiamo rassegnarci al fatto che siano i giocatori - strapagati, ma sempre ragazzi - a ricordarci che esistono cose più importanti di un'immagine da rilanciare per fare audience, o comunque click? Il gesto di protezione per Edoardo è stato un delicato modo per ricordarci quanto lo show sia secondario, rispetto ai valori veri. Perché poi tutti parliamo di calendario fitto e difficoltà per recuperare le partite che saltano, lo spettacolo deve andare avanti e in un attimo siamo riassorbiti dal sistema. Il superuso dei calciatori è un atto collaterale? E' stato (anche) quello a determinare un accumulo di stress che ha causato il malore di Bove? Ogni tanto ripensiamo a quella cintura umana intorno a un ragazzo che aveva perso conoscenza, un'azione delicata e piena di messaggi per tutti.